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Un po’ invidio chi é capace di vivere tutto e tutti con distacco emotivo, senza lasciarsi coinvolgere da alcuna sensazione a fior di pelle, da alcuna vibrazione d’anima (e come potrebbe se ci mette un muro tra gli altri e le proprie corde?), senza lasciarsi coinvolgere, stravolgere da un’emozione che sboccia con una parola, un gesto, un’attenzione, con quel riconoscersi che avvicina e fa sentire meno soli.
Mi domando se sia giusto parlare di “vivere” o di un trascinare, con freddezza e intolleranza la propria anima nei giorni che si susseguono. Alcuni sostengono di aprirsi a pochi. Mi sembra naturale raccontare o aprire il cuore non a tutti ma solo a chi sentiamo più vicino, meritevole della nostra fiducia e del nostro affetto. Meritevoli? Forse sarebbe più opportuno parlare di affinità, di sfiorare semplicemente chi é capace di sentir come noi, di comprendere davvero quel che siamo e sentiamo

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